Il cliente col cellulare in mano: quando la recensione diventa un’arma


Ristoratori e pizzaioli sotto tiro nella giungla delle recensioni online. È ancora possibile lavorare con passione, senza il timore di essere giudicati da chi scatta una foto e si improvvisa critico?

C’è stato un tempo in cui il giudizio sul lavoro di un ristoratore arrivava con uno sguardo, una stretta di mano, un “grazie, torneremo”. Oggi quel tempo sembra lontano anni luce. La scena tipica, in ogni angolo d’Italia – da Milano a Palermo, da Roma a un piccolo paese di provincia – è sempre la stessa: cliente seduto, cellulare acceso, fotocamera puntata. Il piatto ancora non è stato assaggiato, ma la foto è già online. Il giudizio? Spesso frettoloso, impulsivo, emotivo. E a volte distruttivo.

Le recensioni online sono diventate uno strumento potentissimo, capace di influenzare la reputazione di un locale nel giro di poche ore. Ma chi protegge i ristoratori da recensioni ingiuste, scritte per dispetto, per un piccolo malinteso o solo per attirare qualche like?

“Non puoi lavorare con l’ansia di chi sta lì a giudicare ogni tuo gesto”, racconta Franco, pizzaiolo da trent’anni a Roma. “Una volta si sbagliava una cottura e il cliente te lo diceva, ti dava fiducia. Ora ti scrive una recensione cattiva e ti rovina. Anche se lo hai servito con educazione, anche se gli hai offerto il dolce. Non basta più.”

“Ci trattano come se fossimo su un palco, e loro fossero il pubblico pagante”, dice Lina, ristoratrice nel centro di Napoli. “E invece qui c’è fatica vera, c’è gente che si sveglia all’alba, che combatte con i fornitori, con i costi fissi, con i dipendenti da gestire. Non siamo attori. Siamo lavoratori.”

Il problema non è la recensione onesta, anzi: il feedback serio e costruttivo è oro per chi ha voglia di migliorarsi. Il vero problema è il nuovo “cliente esibizionista”, che usa il telefono come uno specchio in cui riflettersi, più che come strumento per raccontare una reale esperienza. Uno che cerca visibilità, che scrive per sentirsi importante. Che magari non ha mai lavorato un giorno in cucina, ma si sente in diritto di sentenziare su ogni dettaglio: dalla temperatura del piatto al colore delle pareti.

In questo clima, il ristoratore è diventato vulnerabile. Troppo spesso costretto a rispondere pubblicamente per difendersi da accuse infondate, o a offrire sconti e omaggi nel tentativo di evitare recensioni negative. Il rapporto tra chi serve e chi viene servito si è inclinato, ed è il tempo di rimettere le cose a posto.

“Il cliente ha sempre ragione? No, il cliente ha diritto al rispetto. Ma anche noi.”, dice Mario, titolare di una trattoria nel Lazio. “Chi non sa cosa vuol dire lavorare dodici ore al giorno con il sorriso, non può permettersi di umiliare un’intera brigata per un piatto arrivato con cinque minuti di ritardo.”

Allora forse è il momento di cambiare approccio. Di riportare il dialogo dentro i locali e non solo online. Di riconoscere che un errore può capitare, ma non deve diventare una croce. E che il valore umano, la passione, l’impegno di chi ogni giorno apre un forno, accende i fornelli, accoglie un cliente, valgono più di un punteggio su una piattaforma.

Perché cucinare è un gesto d’amore, non uno show da giudicare con le stelle.
E se dobbiamo fare delle recensioni, cominciamo con quelle sulla nostra capacità di essere umani, pazienti, comprensivi.

La pizza può anche non essere perfetta. Ma il rispetto, quello sì, dovrebbe esserlo sempre.